E’ da femmina o da maschio? Identità di genere a scuola

Per capire di più di questo progetto dalla sua ideatrice e curatrice, le abbiamo chiesto quali siano stati alcuni dei passaggi più importanti affrontati con la classe. “Il corso è stato interessantissimo -risponde- abbiamo discusso di segregazione formativa, della rappresentazione maschile/femminile nei libri di testo delle elementari, dell'assenza di insegnanti uomini, dell'esclusione delle donne dalle scienze, del sessismo nel linguaggio... Volevo realizzare qualcosa che lasciasse traccia a scuola, perché un aspetto importante e spesso sottovalutato è la documentazione. […] Prendendo lo spunto da tante occasioni diventate educative. Per esempio, quando in grammatica abbiamo studiato il genere dei nomi, è stata un'occasione d'oro per discutere il perché non riusciamo a nominare alcune professioni al femminile (la sindaca, l'avvocata...). E poi perché, nella pratica quotidiana, abbiamo sempre cercato una distribuzione paritaria dei ruoli e dell'immagine che i/le bambini/e hanno di sé.”

Quali sono stati gli effetti visibili, concreti, che a seguito di questo progetto avete potuto notare nei comportamenti delle ragazze e dei ragazzi? “Faccio spesso un esempio di vita quotidiana in classe: se qualcuno/a si sente poco bene e vuole andare a misurare la febbre, la prima cosa che viene in mente è chiamare una bambina per accompagnare. E' quasi automatico, perché appartiene al genere femminile, quello che da sempre gestisce la cura perché "è più capace". Bene, anzi male, permettiamo anche ai bambini di imparare. Maschi o femmine che siano, sono felicissimi quando devono aiutare. […] Queste pratiche rompono gli stereotipi. Molto più delle storie, che pure sono importanti.”

Segnalerebbe ancora uno stereotipo molto comune, su cui fermarsi a riflettere? “Il rapporto con il computer. In classe sono le bambine quelle più autonome nell'uso della tecnologia (e la loro maestra è molto tecnologizzata...). Anche questo è uno stereotipo che viene piano piano modificato, quello delle donne che hanno sempre bisogno di un uomo per capire come funziona... Ciò che mi preme sottolineare è che la formazione e la convinzione delle insegnanti è la chiave di volta”.

Un’impresa coraggiosa che avrà suscitato molte emozioni: quali sono stati i commenti, e quali le reazioni più forti dei genitori? “Mi hanno raccontato, alcuni, un certo imbarazzo. Soprattutto i padri, spesso citati perché meno presenti nella cura, si sono posti delle domande e le hanno rivolte ai loro figli/e: "E' davvero così? Per te sono davvero assente?". Non è poco. Ci hanno fatto i complimenti perché hanno visto come stanno i loro figli e le loro figlie a scuola. Hanno realizzato che stanno bene, che si sentono ascoltati e valorizzati. Non sempre è facile far capire ai genitori che la scuola non è la loro controparte ma è - dovrebbe essere - la loro alleata numero uno. Questo lavoro ci è servito anche a questo, a cementare un po' meglio la fiducia, a darle più solidità.”

Due parole su di sè? “Sono laureata in sociologia con una tesi sul femminismo italiano e sono socia di Archivia, dove mi occupo di ricostruire la storia dei gruppi femminili che si sono occupati di corpo, salute, sessualità. Perciò il tema era nelle mie corde, l'ho studiato e avevo accumulato osservazioni interessanti nella mia pratica didattica. Ero pronta a condividere e a confrontarmi con le mie colleghe".

 

Per questo e molto altro ancora, rimandiamo alla visione del documentario, Guardatelo con le vostre figlie e figli, con amiche ed amici, nelle vostre classi: vale davvero la pena!

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