CONVEGNI Il Linguaggio secondo il genere

CONVEGNI - Roma. Martedì 12 novembre nella sala monumentale della presidenza del Consiglio dei ministri si è tenuto un interessante incontro sul “Linguaggio declinato secondo il genere”. Rita Fresu, Fabiana Fusco e Cecilia Robustelli, delle università di Cagliari, Udine e Modena, tre docenti appassionate di linguistica hanno indirizzato i lavori del workshop promosso dal dipartimento per le pari opportunità della presidenza del Consiglio. Dopo una breve introduzione della Capo dipartimento Ermenegilda Siniscalchi, la professoressa Rita Fresu si è soffermata su una lettura critica e trasversale del linguaggio, ricordando come storicamente il linguaggio maschile ha dettato la norma e codificato l’uso, soprattutto nelle professioni alte, dalle quali le donne sono state lungamente escluse. Agli uomini era riservato l’accesso alla cultura e alla scrittura, le donne ne erano escluse, gli uomini hanno dunque trovato le parole per dirsi in ogni campo. La professoressa Fusco si è soffermata in una disamina dei dizionari che ha definito strumenti di conservazione e luoghi di rafforzamento degli stereotipi nonché di aperta discriminazione nei confronti del genere femminile.

"I dizionari dovrebbero fungere da modello linguistico, non ti aspetteresti che siano strumento di conservazione ". È seguita una divertente -e preoccupante- carrellata di definizioni con esempi al femminile declinati sempre in negativo ad esempio “donna pettegola e saccente = avvocata!!!! speriamo siano presto disponibili gli esiti della sua ricerca condotta su un vasto numero di dizionari. Cecilia Robustelli linguista nota per la sua lunga e pregevole collaborazione a molte delle iniziative sull’uso corretto della lingua italiana, dopo aver ricordato Alma Sabatini che già nel 1985 aveva stigmatizzato e pubblicato le indicazioni per l’uso di un linguaggio non sessista, ha ricapitolato le numerose iniziative, scritti, convegni e linee guida deliberati da Consigli comunali, Province, ordini professionali. Tanti "tentativi falliti" per due ragioni principalmente: sono rimasti tentativi isolati che purtroppo non disegnano una tela solida quanto piuttosto una rete a macchia di leopardo, e perché è necessario intervenire sui testi e sul linguaggio amministrativo.

Condotta da Monica Parrella, Dirigente Generale del dipartimento, è seguita una tavola rotonda aperta da Vanna Iori , parlamentare e pedagogista che ha ricordato il peso degli stereotipi fin dalla prima infanzia, le parole, gli abiti, i giocattoli differenziati e i testi scolastici sui quali è necessario puntare sempre l'attenzione: Cristina Giachi vicesindaca del comune di Firenze, ha rivendicato il diritto di essere nominata al femminile ed ha definito "ginonegatività” l’ostinato rifiuto di molte donne di essere nominate con titoli al femminile; Roberta Mori recentemente eletta Coordinatrice nazionale degli organismi di parità regionali e provinciali, ha sottolineato l’impegno della regione Emilia, tradotto in legge per la parità e contro le discriminazioni di genere. La legge n.6, approvata il 27 giugno 2014, contiene all’articolo 9 dal titolo "linguaggio di genere e lessico delle differenze", un esplicito impegno per l’uso di un linguaggio non discriminante, identificativo del maschile e del femminile in tutti gli atti; Marina Pietrangelo, giurista dopo un interessante esame del linguaggio amministrativo ha proposto una domanda chiave. "Serve una norma scritta?” ed ha citato l’esempio dell’Assemblea francese che recentemente ha comminato una multa al deputato che ostinatamente continuava a rivolgersi soltanto al maschile alla Presidente di turno dell’Assemblea. Ciò è stato possibile perché nel regolamento è prescritto l’uso corretto della lingua nel rivolgersi al presidente o alla presidente, alla deputata o al deputato; l’esistenza del regolamento ha consentito di intervenire. Serve una norma anche in Italia?

Irene Giacobbe femminista e giornalista, ha ricordato il ruolo dell’informazione e dei media e come la correttezza del nominare le persone secondo il genere consenta a chi ascolta, a chi legge, di comprendere di figurarsi chi, soprattutto nelle alte cariche, ricopre quel ruolo. Nominare il ministro Boschi fa pensare ad un uomo, nominare, scrivere la Ministra Boschi dice che quel ruolo è ricoperto da una donna. Ha quindi evidenziato come la prima cancellazione del ruolo di responsabilità e di autorevolezza ricoperto dalle donne avvenga proprio sui siti istituzionali: il Senato è composto da SENATORI, se si chiede l’elenco delle senatrici il sito risponde con SENATORI di sesso femminile; stesso discorso per deputati e deputate; inoltre le indicazioni sulle professioni delle deputate e senatrici sono declinate esclusivamente al maschile. A parte le professioni definite da termini epiceni, soltanto 10 deputate e 8 senatrici hanno una definizione professionale declinata al femminile. Cinzia Romano giornalista, ha sottolineato come spesso nei curricula pubblicati on line le stesse docenti impegnate per un uso non sessista, usino scarsamente il titolo di professoressa o di ordinaria; ha ricordato l’impegno delle giornaliste e di GIULIA nei corsi di formazione abilitanti, per l’uso di un linguaggio di genere e come questo costituisca una scoperta, soprattutto per le giovani generazioni di professionisti e susciti sorpresa e grande interesse. Giovanna Martelli, parlamentare, consigliera del presidente del consiglio per le questioni di genere, ha concluso i lavori, auspicando un uso più attento del linguaggio, una presa di posizione da parte del dipartimento e successivi incontri. Tre interessanti interventi del pubblico hanno concluso l’incontro, caratterizzato da una forte presenza di associazionismo femminile, docenti delle università romane, parlamentari e ricercatrici, giornaliste.

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