Messaggio pubblicitario e psiche infantile

AGGANCIO: I pubblicitari riescono a catturare l’attenzione di bambini e bambine con messaggi capaci di toccare le loro corde, sollecitandole in maniera efficace. Secondo Ajello allora davvero «varrebbe la pena di analizzare queste strategie anche da parte di coloro che rivestono responsabilità educative» con riferimento alla scuola «ma non solo».

IDENTIFICAZIONE: La ricerca rileva che i preadolescenti «sognano di diventare come i protagonisti» degli spot «anche se sanno di non poterlo essere», sottolineando l’enorme divario tra realtà dell’essere ed il desiderio di emulazione. «Se da una parte sembrano avere i piedi ben piantati a terra, dall’altra sognano di essere aggressivi, belli, vincenti, senza problemi come i protagonisti della pubblicità».

COINVOLGIMENTO: La pubblicità opera a livello «cognitivo, emotivo, relazionale. Risponde ai bisogni o li induce […] e costituisce una fonte potente di identificazione» in un momento in cui a livello sociale si lamenta la mancanza di modelli autorevoli.

IDENTITA’ e GENERE: Qui conta la differenza di genere e gli effetti dei messaggi viziati di pubblicità e televisione sono più evidenti sulle bambine. Queste ultime –come risulta dalla lettura dei dati- sembrano più inclini «ad aspirazioni plasmate sui modelli proposti». Questo avviene in parte perché le figure femminili sono spesso protagoniste degli spot in diversi ruoli, ma anche perché le bambine vivono un grande conflitto: in età adolescenziale è normale essere conflittuali per crescere, mentre a loro si richiede di replicare un modello stereotipato «non oppositivo» e «considerato più femminile» che le sottopone a «forti pressioni sociali». Alle bambine si chiede di fare "le brave" anche per «risultare attraenti ai loro pari maschi» sopprimendo in qualche modo «le più autentiche caratteristiche della loro indole».

MODELLI, VALORI e STILI di VITA:

Con le nuove tecnologie pubblicitarie «paradossalmente il problema si accentua. Mentre gli spot del passato erano centrati sull’equazione: ‘hai un bisogno, risolvilo con il consumo’ quelli attuali sono fortemente motivazionali, più che informativi. Puntano a stupire e impressionare, a creare un tipo di bisogni che in sostanza dicono: ‘vuoi essere come lei/lui? Basta consumare il tal prodotto’. Siamo passati quindi dalla pubblicità che induceva consumi creando bisogni, alla pubblicità che induce consumi creando modelli sociali e di comportamento».


Lodi, Presidente Publicis, rileva qui un dato importante: bambine e bambini assorbono dalla comunicazione pubblicitaria, più snella, variata e veloce, i suoi modelli di riferimento, condividendo i “valori” “trasmessi” e manifestando, al contempo, uno scarso interesse all’acquisto del prodotto pubblicizzato (34% del campione). Un mix esplosivo basato sulla «creazione di emotività» nel quale si intravede la premessa della crisi di identità e valori nel confronto con “il reale” che non tarderà a manifestarsi alla soglia del passaggio nell’età adolescenziale.

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