CASA Donne di Roma da difendere

LUOGHI DA DIFENDERE - Scandalosa la cosiddetta 'proposta' dell'amministrazione capitolina avanzata dall'assessora al Patrimonio, Valentina Vivarelli, alla Casa Internazionale delle Donne: rateizzare il debito arretrato (ricalcolato senza tenere conto dell'utilità sociale dei servizi gratuiti che offre) anziché accordarsi per una transazione economica, “rimodulare i servizi offerti” anziché valorizzare quelli storici e rimettere a bando la futura gestione anziché proseguire col progetto storico del Consorzio che attualmente la gestisce.

La Casa, che con le precedenti amministrazioni ha sottoscritto concessioni che prevedono il versamento di un canone di affitto ridotto rispetto ai prezzi di mercato, vista proprio l'importanza dei servizi che propone, ma anche per via del ruolo culturale e di argine al femminicidio che svolge e della sua funzione di presidio di legalità, ovviamente non ci sta e convoca d’urgenza un’assemblea: inaccettabile sentirsi dire che il debito “cristallizzato dal piano di rientro” (unilaterale) è “una realtà oggettiva che non deve essere confusa con il valore sociale dei servizi svolti per le donne dal Consorzio stesso. Valore mai messo in discussione”.

Nei fatti invece, oltre a dichiarazioni ineccepibli ma innegabilmente vuote, l’amministrazione Raggi sta chiaramente dichiarando che lo storico progetto Casa Internazionale delle Donne di Roma non ha alcun valore e, senza minimamente tenerne in considerazione la valenza storica e sociale, ritiene sia da preferirgli una propria mai sperimentata idea di “valorizzazione delle donne e di tutte le attività e i servizi che possono supportarle e aiutarle. Nel solco dell’uguaglianza, anche tra chi questi servizi li eroga”. Ovvero?

L'eloquio forbito, che oggettivamente non arriva a proporre nulla di concreto se non lo smantellamento dell’esistente, non riesce a mascherare le ragioni di una battaglia -solo apparentemente insensata- contro un associazionismo femminista e femminile che da decenni è punto fermo di riferimento delle politiche delle donne per le donne.

E qui si arriva al cuore vero di tutta la questione che, come scrive anche la Repubblica, “è tutta politica e non di economia patrimoniale: si tratta di valorizzare e riconoscere un bene pubblico che, come spiega la Corte dei Conti, viene prima del bene economico”.

Invece, un'intera Agorà di attiviste ed intellettuali italiane dal 2018 viene trattata come un consesso di “semplici inquiline morose”; filosofe, storiche, pioniere viventi dei diritti delle donne e preziose risorse per il futuro della città stessa, delle politiche delle donne e del Paese, sono politicamente strapazzate da una giunta incapace di fare marcia indietro su posizioni facilmente rivedibili.

La Casa, lo sa chi la conosce, esprime talenti, risorse umane di storie, di saperi, di idee, di pensiero e d'intelletto talmente alte che nessuno, nessuna, dovrebbe voler mai "rimodulare". Perché nessun Paese democratico rimodula la propria storia.

La Sindaca Raggi, che alla sua elezione aveva fatto sperare in un cambiamento epocale schiere di persone illuse, riconferma insieme alla sua giunta, la già vista affezione a quella politica avvezza a calare dall’alto decisioni come una scure. Povera Roma, governata da una politica ingessata e miope che manca ancora una volta l'opportunità del confronto con le associazioni delle donne e con molti dei suoi altri interlocutori!

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