Week-end - Rosso come il cielo: un film da vedere ed ascoltare

CINEMA - La pellicola nelle sale da marzo porta al cinema la storia vera di un non vedente alla ricerca della propria normalità. Del regista Cristiano Bortone, è ispirato alla sfida di Mirco Mencacci, oggi famoso tecnico del suono del cinema italiano. Tra gli interpreti di una storia non semplice, anche bambini non vedenti individuati attraverso le sedi delle associazioni di tutta Italia.

 

La presentazione ufficiale del film, avvenuta lo scorso 16 ottobre nell’ambito della Festa Internazionale del cinema di Roma, premia 4 anni di lavorazione e la cura nel trattare il tema della disabilità con la menzione di evento speciale Unicef in quanto “promotore di valori di integrazione e tolleranza della diversità”.

Rosso come il cielo è una pellicola toccante ed allo stesso tempo divertente, ambientato negli anni ’70 quando ancora esistevano scuole speciali per i diversamente abili; adatta ai bambini e piacevole per i genitori, è capace di farsi veicolo di integrazione tanto da dar vita -dal back stage- ad un documentario, “Altri occhi”, che segue l’amicizia nata ‘dietro le quinte’ tra due degli attori non vedenti. Dal lato del suono il film è poi oggetto di una particolare sperimentazione, fatta di ricerca tecnica e creativa, con un gruppo di sound design coordinato dallo stesso Mencacci, che ha fornito il proprio apporto sin dall’inizio della produzione.

Bortone è un regista giovane ed impegnato, con il quale abbiamo registrato un’intervista ai tempi della presentazione del film alla festa Internazionale del cinema di Roma. E’ un professionista al quale “piace molto raccontare delle storie” perché “nell’epoca in cui viviamo abbiamo bisogno di film che affrontino argomenti che hanno a che fare con la vita reale”. Se vediamo infatti i film che ha realizzato sino ad oggi, “in qualche modo hanno tutti trattato temi controversi, problematiche di importanza sociale. Spaccati di mondo poco conosciuti che hanno delle difficoltà e meritano di essere portati all’attenzione dell’opinione pubblica. Il tema dell’Aids, l’antiproibizionismo e le droghe leggere, il tema dell’emigrazione. In generale parlo del diritto di ognuno di noi ad essere accettati nella nostra diversità, e del diritto di esprimere tutte le nostre potenzialità.”

 

Del proprio film parla così: “Ero convinto che bisognasse dare ad alcuni bambini realmente non vedenti, nonostante si cercasse di scoraggiarmi, l’opportunità di recitare. Siamo entrati in un mondo che non conoscevamo e la ricerca dei protagonisti in tutta Italia ci ha appassionati talmente che ho deciso di produrre un film parallelo. ‘Altri Occhi’ è un documentario, che nella nostra idea desidera raccontare la stessa storia dal punto di vista della vita reale: la voglia di un bambino non vedente di 10 anni di integrarsi, di essere uguale agli altri, di scoprire soprattutto il suo talento e le sue potenzialità.”

 

Il regista è però deluso dalla scarsa attenzione delle istituzioni verso il mondo del cinema e -più in generale- della cultura: “oggi fare cinema in Italia -un tipo di cinema, un po’ più ambizioso, differente- è diventato particolarmente faticoso.” Si sta “rendendo il nostro cinema quasi invisibile e chi cerca di produrre un film ambizioso come questo si trova davanti tanti e tali muri e difficoltà che deve far appello alla forza di volontà per non scoraggiarsi. Per fare questo film sono occorsi 4 anni, senza mai mollare ed alla fine è uscito un prodotto che fa sognare, un film di forti sentimenti che era esattamente ciò che volevo realizzare. Il cinema anche quando racconta storie importanti deve confrontarsi con il pubblico che deve uscire dalla sala dicendosi di aver visto un bel film, sentendosi emozionato, avendo riso, pianto, provato rabbia, comunque essersi sentito al centro di forti emozioni”.

 

 

 

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