L'Aquila tradita


A quasi tre mesi dall'apocalisse del 6 aprile, la terra continua a tremare. Tre punto due, tre punto tre, fino a quattro punto cinque come lunedì 22 giugno. Numeri che sulla carta dicono poco, ma da queste parti sono muri che vibrano, angoscia che non passa, riflesso a correre in strada. "Abbiamo sempre in testa l'odore delle macerie, le urla dei feriti e lo strazio dei 300 cadaveri", dice Rinaldo Tordera, direttore generale della Cassa di risparmio della provincia dell'Aquila. Lui per primo, racconta, si è faticosamente imposto di non mollare, di "annodare la cravatta e tirare avanti". Ma la volontà non basta.

 

Gli ostacoli sono tanti, in questo Abruzzo triste: a partire dal crollo economico. "Per la prima volta in vent'anni", informa l'Istat, "la regione segna un tasso di disoccupazione (9,7 per cento) superiore a quello italiano (7,9)". Dal 2008 al 2009 sono scomparsi 26 mila posti di lavoro. E a leggere questi dati, gli artigiani, gli operai, ma anche i manager e i professionisti ospitati dalle tendopoli tremano, sovrastati dal -14 della produzione industriale.


"Superata la prima emergenza, dovrebbe essere questa la principale preoccupazione ", dice il presidente della Provincia Stefania Pezzopane (Pd). "Dovremmo concentrarci sulle necessità pratiche e psicologiche delle 25 mila persone ancora accampate, senza dimenticare le 35 mila esiliate sulla costa adriatica". Invece non è così. Capita qualcosa di grottesco, e crudele, davanti agli occhi dei terremotati: "La città si sta spaccando in due", spiega Marco Morante del Collettivo 99 (composto da una cinquantina di giovani ingegneri, architetti e geologi aquilani). "In primo piano, sotto i riflettori, c'è l'efficentismo sfrenato per adeguare la città al G8. E intanto in penombra, trascurata della politica, cresce la frustrazione della gente comune, vittima di una quotidianità invivibile e di una ricostruzione avventata".


Parole che trovano continui riscontri, girando per l'Aquila. Basta raggiungere la caserma della Guardia di finanza, in zona Coppito, e chiedere alle imprese associate I platani e Todima come hanno realizzato la strada che collegherà la sede del G8 all'aeroporto di Preturo. "In soli 24 giorni abbiamo allargato e sistemato un percorso di due chilometri e 800 metri", dicono i titolari. Il tutto con un impiego massiccio di mezzi: "60 tra ruspe e scavatori", attivi sette giorni su sette, grazie ai quali "abbiamo costruito anche tre rotatorie e un piccolo ponte sul fiume Aterno". Il massimo, con i 3 milioni 200 mila euro stanziati dal Provveditorato alle opere pubbliche. E altrettanto apprezzabile è il rifacimento dell'aeroporto, fino a ieri snobbato per mancanza di strumentazioni, e oggi "dotato di ottimi sistemi radar e illuminazione della pista", assicura un tecnico dell'aeronautica.

Insomma: basta pronunciare la parola G8 e tutto scorre, tutto funziona. "Sobrietà con efficienza", aveva promesso il capo della Protezione civile Guido Bertolaso. Ed è stato di parola. Ha affidato il coordinamento a Marcello Fiori, l'uomo che ha gestito i funerali di papa Wojtyla, puntando su due fronti: "Il primo", spiega un ufficiale della Guardia di finanza, "riguarda la caserma dove alloggeranno i capi di Stato, presentata ai mass media come ideale per il G8, ma in realtà bisognosa di forti interventi ". Altro che rinfrescata generale o aggiunta di mobili: il piano di adeguamento, riassunto in un documento del ministero delle Infrastrutture, mostra ben cinque ditte abruzzesi (Iannini, Edilfrair costruzioni generali, Mancini, Di Vincenzo Dino & C. e Iciet Engineering) all'opera per reinventare le palazzine alloggi "B1, B2, D, E, E1, F4, F5, F6, H, M, P1 e P2". Quanto al secondo fronte, quello della sicurezza fuori dalla caserma, è tutto indicato in una mappa riservata e titolata "Sistema delle misure interdittive ". Una cartina da cui si vede che nei giorni cruciali sarà proibita la "circolazione veicolare, pedonale e di sosta"in tre strade essenziali (la statale 80, viale Fiamme Gialle e la provinciale 33), mentre in altre zone sarà impossibile "il transito di mezzi pesanti" o si accederà a piedi.


"Complessivamente un'ottima organizzazione ", commenta un alto grado dell'esercito. "Ma anche un cumulo di spese che offende gli sfollati". Il riferimento, esplicito, è "alla disperazione che regna in certe tendopoli ". Qualcosa di impossibile da immaginare, per chi abita altrove, ma che diventa realtà allucinante entrando nel campo di piazza d'Armi, gestito dalla Protezione civile e vietato alla stampa. All'interno, un migliaio di senzatetto sopravvivono in tende che bruciano quando c'è il sole (fino a 48 gradi) e si allagano appena piove. "E c'è di peggio", testimonia un'anziana: "Le tende hanno otto brande, e le famiglie vengono mischiate con i balordi". Sere fa, racconta, è esploso uno scontro tra slavi con coltelli e botte. Quanto alla droga, c'è l'imbarazzo della scelta tra leggera e pesante. Così le retate aumentano (il 19 giugno sono finiti in manette un invalido e un minorenne, che spacciavano nelle tendopoli 3 chili di hashish) e gli sfollati si rassegnano. Gli uomini, quelli senza lavoro, avviliti, camminano avanti e indietro nell'afa come animali in gabbia. Le mogli, mentre i bambini giocano, si arrangiano con gli stendibiancheria, infilati tra tende appiccicate una all'altra. E persino i poliziotti, dopo mesi di superlavoro, hanno di che lamentarsi: "Una collega, sfollata nel centro di piazza d'Armi, è costretta ad alloggiare davanti alla tenda di un delinquente ai domiciliari. Possibile? Torna a fine turno, appoggia la pistola sulla branda, e sa che qualcuno può rubargliela...".


Problemi che pochi conoscono, e ancora meno considerano. Nel caos endemico del dopo terremoto, le sofferenze private non trovano ascolto. Spariscono coperte dalle urgenze pubbliche, dal timore di nuove scosse devastanti. Tanta è la confusione, in queste settimane, che passano sotto silenzio anche questioni gravissime, come i tentati stupri avvenuti nelle tendopoli. Fatti confermati dalle forze dell'ordine, ma che non arrivano all'opinione pubblica. La parola d'ordine è chiara, sia a livello politico che di Protezione civile: costruire l'ottimismo. Puntare sul fascino del G8. Sul futuro vincente dell'Abruzzo testardo. Che sarà anche una scelta cinica, ma funziona: "Domenica scorsa, c'è stata la riapertura di un minuscolo pezzo del centro storico", dice l'avvocato Luisa Leopardi, dell'associazione ?Un centro storico da salvare?. "La notizia è finita sui quotidiani nazionali, si è spiegato all'Italia intera che era un segnale importante, tornare a bere il caffè in piazza Duomo nel bar di Ninetto Nurzia. Si è scritto, anche, che gli aquilani erano entusiasti, di passeggiare in centro per qualche centinaio di metri (a gruppi di massimo 60 persone, dalle 11 alle 22, ndr)". Ma non è vero, testimonia Leopardi. "Siamo stanchi di questi colpi d'immagine. Il nostro centro è ancora macerie, infinite macerie, e sofferenza viva. Tant'è che il sottosegretario Gianni Letta, presente alla riapertura, è stato sonoramente fischiato".

Piuttosto, concordano i comitati cittadini, quello che gli abruzzesi vorrebbero al più presto è una ricostruzione ragionevole. Condivisa. Lungimirante. Ne parlano di continuo, gli sfollati, ai margini della zona rossa dove giacciono cumuli di mattoni e ferraglia. Ripensano alle promesse del premier Berlusconi e masticano amaro: "Dove sono le ville che dovevano ospitarci?", urla un avvocato rimasto senza casa e studio. "E le crociere che ci doveva pagare?", scuote la testa Rita, 23 anni, sulla sedia a rotelle a causa del 6 aprile. In compenso, si potrebbe ribattere, sono iniziati a L'Aquila i lavori per costruire 150 palazzine antisismiche, finanziate con 700 milioni di euro, destinate a circa 13 mila persone e sparse su venti siti periferici. "Ma anche qui non c'è da gioire", dice l'architetto Marco Morante. "Quello che resterà, alla fine di questa storia, è un mostruoso stravolgimento urbanistico; un intervento che massacra i piccoli centri limitrofi, sopraffatti dalla nuova edilizia, senza restituire un'identità cittadina". Ragionamenti che i comitati popolari stanno girando ai politici, assieme a progetti alternativi e meno invasivi. Ma ad accoglierli ci sono disinteresse e sarcasmo. L'onorevole pidiellino Giorgio Straquadanio, ad esempio, per giustificare questa ricostruzione discutibile, ha replicato che "quando si allaga una casa bisogna togliere l'acqua, non salvare i quadri...". E se qualcuno non è d'accordo, ha aggiunto, pazienza: deve prendere atto che "siamo in democrazia, e che il Pdl alle europee ha ottenuto la maggioranza aquilana" (verissimo, anche se a votare è stato un misero 27,9 per cento, figlio proprio della rivolta antipolitica). "Il pericolo", dice il presidente della Provincia Pezzopane, "è che gli italiani credano alla campagna d'immagine lanciata dal governo Berlusconi. Che si convincano che tutto procede, che siamo tranquilli, e ci lascino soli". Un rischio probabile. Basti pensare al flusso di notizie fantasiose uscite in questi mesi sulle scuole aquilane. Dopo il sisma, un quotidiano nazionale ha titolato entusiasta ?Il miracolo di palazzo Quinzi?. "Eppure questa struttura, che ospita il mio liceo classico, è a pezzi", s'indigna il preside Angelo Mancini, "sono crollate le volte a crociera e si trovano danni ovunque, dalle scale alle aule agli uffici". Poi è toccato al sottosegretario all'Ambiente, Roberto Menia, dichiarare che "l'80 per cento delle scuole è già praticabile". ("Anche se l'unico istituto superiore completamente agibile", documenta Mancini, "è l'Accademia di belle arti, mentre tra materne, elementari e medie le scuole pronte sono 14 su 49"). Fino al paradosso di sabato 28 giugno, quando un quotidiano abruzzese ha inserito nella tabella 'Scuole agibili' 15 istituti classificati in fascia B: ossia "temporaneamente inagibili, totalmentete o parzialmente ", per citare l'ordinanza 3.779 del presidente del Consiglio.


Cambierà la situazione? Tornerà un barlume di vita normale? Finiranno le polemiche attorno al decreto casa, assicurando a tutti un sostegno sicuro? Finirà lo strazio degli appartamenti sventrati, dei negozi chiusi, degli anziani sacrificati in camper, dell'ospedale improvvisato nelle tende accanto a quello inagibile di San Salvatore, dove la gente attende stremata, in fila sotto il sole, per l'accettazione?"Ci vorranno anni", rispondono a registratore spento le istituzioni. Non certo i pochi giorni "bastati per smontare a La Maddalena un ottimo ospedale da campo (40 posti letto e due sale operatorie) e trasferirlo a L'Aquila per il G8". Ma si sa: tutto è possibile, in onore dei 23 leader mondiali. Anche che Berlusconi sfoderi, nel bel mezzo della tre giorni internazionale, la sua sorpresa più ambiziosa: un lavoro preparato ad hoc dal ministero dei Beni culturali, dalla Protezione civile e dalla Direzione regionale per i beni culturali abruzzesi. "Fotografie e schede", informa una nota riservata, con i monumenti danneggiati "adottabili dai Paesi esteri".


Il colpo di teatro per un premier traballante. Ma anche l'estrema speranza per una terra in ginocchio.
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