Carcere: serve una disciplina per la detenzione femminile

DONNE & CARCERE. «L’articolo 27 della nostra Costituzione stabilisce che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. E' un principio che ripetiamo spesso ma non possiamo dire che abbia ancora trovato la sua piena applicazione.» Questa la riflessione di Andrea Orlando, Ministro della giustizia che ha predisposto l’avvio del percorso articolato in 18 tavoli tematici chiamato “Stati Generali dell’esecuzione penale” Sei mesi di lavori, riflessioni e confronti su tematiche correlate alla detenzione ed alle persone detenute,  che dovranno «portare concretamente a definire un nuovo modello di esecuzione penale e una migliore fisionomia del carcere, più dignitosa per chi vi lavora e per chi vi è ristretto». Il tavolo 3, la cui coordinatrice è stata Tamar Pitch, giurista e docente universitaria, ha discusso di DONNE E CARCERE sottolineando come “la questione della detenzione femminile non può esaurirsi nell’analisi della maternità in carcere”. E’ necessario realizzare la parità tra detenute e detenuti poiché

-come evidenzia la relazione dell’Avv. G. Bezzi sulla detenzione femminile- si nota come l’ordinamento penitenziario che non prevede alcuna disciplina con riferimento alla detenzione femminile, sia “un luogo pensato da uomini per ‘contenere’ uomini”. Si rende pertanto necessario -prosegue Bezzi- “porre rimedio alla mancata previsione di una apposita disciplina per la detenzione femminile”. Oggi le detenute sono meno del 5% (2122 in totale, di cui 42 sono le mamme e 46 i figli). Sono donne di tutte le età, dai 18 ai 70 anni,  in maggioranza della fascia di età compresa tra i 30 e i 50 anni. Sono per due terzi italiane, la maggior parte coniugate o conviventi, e con un livello di istruzione basso o nullo. (Fonte: Relazione Tavolo 3)

 

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