Tratta, prostituzione e criminalità: a Roma un incontro ed un documento programmatico

 
Roma - Negli ultimi 6 anni sono più di 11mila le vittime di tratta e sfruttamento lavorativo che in Italia hanno beneficiato dei programmi di protezione, assistenza ed integrazione ai sensi dell'art. 18 del D.Lgs. 286/98. E sono quasi 500mila le chiamate pervenute al numero verde nazionale istituito a sostegno delle vittime nel periodo dal 2000 al 2005.
 
 
 
L’idea, partita dal Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (CNCA) e dall’associazione “On the Road” coinvolge 92 enti non-profit, 4 regioni, 18 province, 36 comuni, 3 consorzi di servizi sociali e 4 aziende sanitarie locali. Tra le prime azioni il rilancio del numero verde antitratta inattivo da vari mesi, la continuità degli interventi, la sensibilizzazione dell'opinione pubblica ed interventi nei paesi di provenienza delle vittime.
 
 
 
Dichiara Marco Bufo, coordinatore dell’associazione On the road: “una delle prime cose che ci attendiamo, e che abbiamo chiaramente richiesto nel documento, è la creazione di un tavolo interistituzionale sulla tratta. In questo tavolo devono trovare posto i ministeri competenti, la Commissione interministeriale per l’attuazione dell’articolo 18, la Direzione nazionale antimafia, le regioni, gli enti locali, le organizzazioni non-profit e i sindacati”. Ed aggiunge: “occorre che il percorso di protezione e tutela per le vittime di tratta stabilito nell’articolo 18 del testo unico sull’immigrazione del 1998, e il recente programma di assistenza stabilito dall’art. 13 della legge sulla tratta del 2003, siano realmente applicati non solo a coloro che rientrano nei circuiti della prostituzione, ma anche alle persone coinvolte in situazioni come il lavoro forzato e il grave sfruttamento lavorativo, la servitù domestica, l’accattonaggio, le attività illecite, le adozioni internazionali illegali e il traffico di organi. Inoltre in questi anni le politiche repressive hanno ottenuto soltanto un effetto deleterio. Le continue retate di prostitute e recentemente le telecamere non sortiscono altro risultato che spingere queste persone in un ulteriore isolamento, inducendole a spostarsi in luoghi chiusi o comunque più difficilmente accessibili agli operatori”.
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