Orrori e diritti violati in Birmania dove lo stupro è arma di guerra

C'è un filo sottile che unisce le donne, che passa tra mondi e culture diverse, attraverso storie di abusi e dolori sommersi. E´ il filo della violenza che in modo diverso e costante colpisce il mondo femminile. Le donne di etnia Shan, in Birmania da oltre dieci anni sono vittime di violenza sessuale da parte della milizia, con l´unica colpa di appartenere a una minoranza che chiede riconoscimento dei propri diritti. "Licenza di stupro: genocidio e crimini di guerra commessi dalla milizia birmana contro le donne appartenenti alla minoranza etnica Shan", è il titolo del rapporto presentato a Roma l’11 ottobre nel corso di un convegno organizzato da Telefono Rosa a palazzo Marini.


Zawmin, che vive a Washington, ha ben chiara la strategia politica per liberarsi dell'attuale regime: "vogliamo una riconciliazione nazionale e poi la democrazia. Il principale ostacolo è la giunta militare, riluttante a negoziare con i democratici e con i rappresentanti dei gruppi etnici. Stiamo spingendo per una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell' Onu così da facilitare un dialogo. Ma Cina e Russia pongono il veto, riconoscono il problema Birmania ma non vanno oltre.


Nel rapporto  gli abusi documentati  risultano commessi da soldati di 52 battaglioni differenti,  nell'83% dei casi autori dello stupro sono gli  ufficiali, che compiono la violenza di fronte alle loro truppe. Nel 61%  si tratta di stupro di gruppo. Le donne vengono trascinate in carcere e poi  violentate all'interno delle basi militari, a volte anche per mesi interi. Soltanto in uno dei 173 casi il soldato colpevole della violenza è stato punito dal suo comandate. In tutti gli altri casi a subire le punizioni peggiori, fino anche alla morte, sono state le stesse vittime.  Sono molti anche episodi di tortura e  di violenza brutale sulle donne che si aggiungono agli stupri. Nel 25% dei casi le ragazze dopo la violenza sono state uccise per soffocamento oppure bruciate vive.

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