I "Curator" dei feti (ma non della Madre)

Anna Maria Spina del Coordinamento nazionale dell’UDI

03/02/2008 09:04:24 PROPOSTA SHOCK DEI GINECOLOGI ROMANI: RIANIMARE IL FETO ANCHE SE MADRE NON VUOLE.

Un gruppo di cattedratici delle Università romane sostiene che è dovere del medico rianimare i feti anche se frutto di aborto volontario.

“Se un neonato e' vitale deve essere rianimato". L’ha detto il direttore della clinica di ostetricia e ginecologia dell'universita' di Tor Vergata.

Il documento è firmato dai direttori delle cliniche ginecologiche delle facolta' di medicina delle universita' romane a conclusione del convegno al Fatebenefratelli sui risvolti medici ed etici della nascita prematura.

Si dice che:

- E’ una posizione "che riprende la stessa legge 194 e che ricalca la Costituzione in base alla quale il neonato ha diritto alla vita"

- E ancora: “L'assistenza e' finalizzata a guadagnare quelle ore o quei minuti necessari per prendere una decisione oculata e capire se deve essere o meno praticata l'assistenza".

- Non basta: ’’L'attivita' rianimatoria esercitata alla nascita da' il tempo necessario per una migliore valutazione delle condizioni cliniche, della risposta alla terapia intensiva e delle possibilita' di sopravvivenza, e permette di discutere il caso con il personale dell'Unita' ed i genitori'.

- Dulcis in fundo: 'Se ci si rendesse conto dell'inutilita' degli sforzi terapeutici, bisogna evitare ad ogni costo che le cure intensive possano trasformarsi in accanimento terapeutico'

E’ vero? Un documento che solo per caso arriva a pochi giorni dalla richiesta dei vescovi di aggiornare la 194?
E a proposito della modifica della legge 194, Binetti ribadisce la propria posizione a favore di una piena applicazione della norma: “si facciano esplodere le potenzialità di difesa della vita che sono in quelle norme”.


Parole orribili, e idee orribili. Dal funerale dei feti in Lombardia, all’accusa di omicidio pronunciata a Milano da Ferrara,e mai smentita, all’anatema di peccatrici lanciato dalla Chiesa, e adesso queste poche, lapidarie ma violente parole: anche se madre non vuole.

Ci sono tutti i segni e i segnali di una marcia inarrestabile contro il diritto di cittadinanza e quindi di autodeterminazione delle donne.

Non è solo un attacco alla 194, è una proposizione di un nuovo assetto etico che lungi dall’essere il frutto di una evoluzione del pensiero individuale e collettivo, lungi dall’essere il risultato di contraddizioni, dubbi, approfondimenti, piomba giù verticalmente dall’alto, e da una altezza talmente incommensurabile da risultare inattaccabile, questo almeno nelle aspettative di chi lancia l’attacco.

Mai avevo sentito addosso il tallone del potere supremo come adesso, essendo nata dopo la seconda guerra mondiale, dopo i totalitarismi, essendo nata quasi insieme alla repubblica italiana, repubblica democratica e laica.

Quindi cresciuta con la giusta convinzione che c’è sempre diritto di replica, che tutti siamo uguali di fronte alla legge, che l’accusa di delitto va provata, che il peccato non è delitto.

Quindi mi sento in diritto di replicare che ritengo a mia volta delittuoso questo e altri attacchi non solo alla autodeterminazione della donna per quanto riguarda la “propria” maternità, ma anche e primariamente allo stato di diritto di cittadinanza della donna in quanto tale.

Si attacca il diritto di cittadinanza della donna, la donna nata e cresciuta, consapevole e partecipe del sociale a pieno titolo, in nome di un diritto alternativo, quello fetale se non addirittura embrionale, spazzando con un colpo di mano una intera civiltà, che, quella sì, ha dato origine allo stato di diritto di cittadinanza, a prezzo di guerre, fiumi di parole, scritte e dette, sangue versato, grandi clamori e ripensamenti.

E tutto questo in nome di progressi scientifici fuori controllo e misteriosi per la società?

Misteriosi per i più solo perché nessuno sente il dovere di far comprendere informando delle nuove scoperte che ci vengono poi applicate addosso.

E tutto questo in nome di una parola, VITA, che nemmeno ci si prende la briga di definire, solo perché a definirla sarebbe la massima e a quanto pare unica autorità morale conosciuta?

Parliamo dunque di questa VITA, della vita delle bambine e dei bambini già nati, dei piccoli cittadini, quelli nati, che hanno diritto a poter crescere e svilupparsi bene, e parliamo della VITA, di questa vita, delle donne giovani e mature, cittadine a pieno titolo, del cui assassinio, ormai quotidiano in Italia, nessuno si scandalizza.

Nessuno pronuncia appassionate condanne morali o etiche sulla testa degli assassini delle donne, nessuno si interroga sull’origine del femminicido.

Collegando le parole, le dichiarazioni, le decisioni e le azioni che ci vengono lanciate contro: siamo ormai bollate come autrici dell’omicidio perfetto, ce lo ha detto Ferrara, siamo condannate come autrici di atti cattivi, lo dicono i cardinali, siamo quindi cattive.

Quale è la pena per chi commette omicidio? La morte. Quale è la pena per le donne cattive? L’inferno.

Per questo veniamo uccise e/o torturate in vita, un inferno.

A quanto pare la moratoria va bene per tutti, compresi i non nati, tranne che per le donne.

Quanto odio contro le donne! Questo sì è peccato mortale. Questo sì condanna la vita.

Ma non sperino tutti coloro che non sono oggetto di tale condanne, non sperino proprio che rimarranno intatti per loro i valori storici della democrazia e della laicità dello stato come la abbiamo conosciuta finora. Ascoltino e leggano bene le parole pronunciate e vedranno profilarsi l’immagine di un mondo infuocato di furori irrazionali, di diktat autoritari globali, di anatemi incontrovertibili, di nuovi schiavismi.

Quale democrazia? Quale laicità? Quale razionalità? Quale progresso?

E’ passato il 2007, anno delle pari opportunità, ed ecco come comincia il 2008.

Chi parla e decide in tutti i luoghi in cui si decide?

Solo uomini

Chi deciderà al posto della madre?

Si sentono solo voci maschili.

Avevamo detto 50E50 … ovunque si decide, e adesso più che mai.

Avevamo detto democrazia paritaria, e adesso più che mai si dimostra che o è fatta di uomini e donne a pari potere decisionale e di rappresentanza o essa, democrazia, non è.

 

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