La Cina che non vorremmo vedere

In una Cina dove le elezioni legittimano e riaffermano sempre lo stesso regime -il presidente cinese Hu Jintao è stato infatti rieletto ad un secondo mandato di cinque anni dall'Assemblea Nazionale del Popolo con il 99,7% dei voti quasi (ANSA)- si moltiplicano gli arresti e le torture dei reporter, dei sostenitori dei Diritti Umani, dei loro avvocati, dei dissidenti, e sono già stati oscurati quasi tremila siti Internet.

Del resto, si legge in un comunicato stampa de Gli Amici del Tibet “il regime autoritario cinese è il più grande stato killer del mondo, con circa 10mila condanne a morte l'anno (più del 77% delle esecuzioni accertate sul totale mondiale)”.

“In Tibet –prosegue il comunicato- la Cina da mezzo secolo sta perseguendo una politica di annientamento dell'identità e cultura tibetane, anche attraverso l'emarginazione linguistica e i massicci trasferimenti di popolazione cinese (genocidio per diluizione) assieme alla distruzione e al saccheggio del 90% del patrimonio artistico e architettonico tibetano, all'uso devastante, anche fino alla morte, delle torture fisiche e psichiche sui prigionieri politici, monache e monaci buddhisti, arrestati spesso solo perché in possesso di una foto del Dalai Lama o per aver gridato la loro voglia di indipendenza e la loro lealtà al Dalai Lama.”

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