Le leggi bioetiche e la Costituzione

La stessa richiesta di non ingerenza da parte dello Stato e di autodeterminazione sul proprio corpo e sulla propria salute, è tornata alla ribalta in questi giorni perchè anche il Tribunale civile di Milano con due nuove ordinanze ha chiesto che la Corte Costituzionale si pronunci su alcuni articoli della legge 40, che violano il principio di ragionevolezza, il diritto alla salute della donna, nonché l'eguaglianza sociale.

Così gli alti magistrati della Consulta, il prossimo 31 marzo, in udienza pubblica dovranno farsi una idea di quanto accaduto nei tribunali civili, dal Tar del Lazio, passando per il Tribunale civile di Firenze per ben due volte, fino al Tribunale di Milano. Infatti, anche se le due ordinanze di Milano che proseguono e confermano le analisi di incostituzionalità dei tribunali precedenti, non fossero riunite alle tre ordinanze già pendenti in Corte Costituzionale, per motivi di tempi tecnici (l'udienza in Corte Costituzionale è già stata fissata), tuttavia verrebbero acquisite e avrebbero un peso, aggiungendo prove su prove a quanto già detto: la legge 40 viola la Costituzione italiana.

Le principali associazioni di tutela delle coppie infertili (Madre Provetta, Hera onlus e SoS infertilità onlus, Cittadinanzattiva di Firenze, Amica Cicogna, l'Altra Cicogna), di fatto hanno portato avanti questa battaglia legale e di giustizia nella più assoluta solitudine, eccettuando l'interesse a partecipare ad alcune iniziative di pochissimi parlamentari. Una battaglia, che non si è ancora conclusa, ma che rischierà di ripetersi, anche per il testamento biologico, se si resterà sordi agli emendamenti suggeriti al testo del pidiellino Raffaele Calabrò.

La legge 40 è stata la prima legge “etica” approvata in Italia. In cui, i divieti imposti ed il dettaglio di come eseguire le metodiche mediche (tutto l'articolo 14 per intenderci) hanno fondamenta solo di tipo ideologico. La realtà pratica ha denudato questi principi del loro presunto valore benevolo. Una legge, quella sulla fecondazione medicalmente assistita che cinque anni fa era stata approvata nello stesso clima di furore ideologico, in cui oggi si muove il testamento biologico. Il referendum contro la legge 40 fu sabotato e non si raggiunse il quorum per poterlo rendere valido. Tuttavia, da due anni, grazie all'impegno testardo di alcune associazioni di pazienti, nonché di un valido collegio di avvocati, la legge 40 è sotto la lente d' ingrandimento dei giudici civili, per le macroscopiche “crepe” di incostituzionalità che presenta.

Forse, sarà una coincidenza, ma ci piace sottolinearlo: come per le ordinanze di Cagliari (che si concluse con una sentenza definitiva sul caso concreto), anche a Firenze e Milano gli autori sono stati due magistrati donne, Marisa Nardo e Serena Baccolini. Queste hanno sottolineato come la legge 40 violi la nostra Costituzione in più articoli. Hanno, infatti, giudicato di non poter emettere una sentenza definitiva, sui due casi specifici che gli erano stati sottoposti, perchè la legge 40 non permette una interpretazione costituzionalmente orientata delle sue norme, ma necessita di un giudizio esplicito della Corte Costituzionale.

Gli articoli della legge 40 sotto accusa sono proprio quelli che dettagliano le modalità di intervento del medico, vietando in modo rigido il congelamento degli embrioni e l'obbligo a trasferirli tutti “in un unico e contemporaneo impianto”, cioè, in teoria, indipendentemente dalla volontà della donna. Nonché quello che “congela” il consenso, una volta espresso, nella fase del concepimento, (recita l'art, 6 della legge 40) impedendone la revoca successiva. Le norme della Costituzione violate sono quelle della ragionevolezza, del rispetto della salute della persona e della sua volontà. In una parola gli articoli fondamentali dei principi costituzionali: gli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione. I casi concreti, le cosiddette fattispecie, da cui si è partiti per queste considerazioni giuridiche riguardano, entrambi, due coppie, non solo infertili, ma anche portatrici di patologie genetiche importanti (una grave forma di betatalassemia).

Queste coppie chiedono in particolare al magistrato di poter effettuare la diagnosi genetica sugli embrioni, secondo la migliore arte medica ed i più evoluti protocolli medici, per non rischiare di ripetere la roulette russa dell'aborto terapeutico. Tutti i magistrati e tutti i tribunali hanno risposto che la diagnosi genetica sugli embrioni non è vietata esplicitamente, ma fortemente ostacolata di fatto, da tutti i divieti imposti per legge. Infatti, il Legislatore ha cercato di contemperare un presunto diritto alla tutela della vita dell'embrione, con quello della salute psicofisica della madre, ma che nel farlo ha fatto prevalere un diritto astratto, quello dell'embrione a nascere, sull'altro diritto quello della salute psicofisica della madre: “farlo nascere sano e salvo”. Ma questo, è evidente, è un conflitto poco reale, perchè la donna infertile non può che desiderare la nascita di quel figlio. In conclusione, nel tentativo di essere coerente con dei principi astratti, il Legislatore ha negato le finalità stesse della legge 40.

In attesa che la Corte Costituzionale si pronunci sulle questioni sollevate, auspichiamo la ripresa di un dibattito pubblico serio e responsabile. La vita futura e la felicità di molte coppie e di non poche famiglie potrebbe dipendere solo da questo. Vorremmo avere più fiducia negli Italiani e in chi li governa.

 

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