Giornalismo: il silenzio solo per scelta

ROMA - Mentre il Presidente Napolitano, in vista del G8 invita stampa e politica ad una "tregua" nei gioni dello scandalo Escort e Berlusconi (quasi una sospensione del trattato Shenghen anche sull'informazione), il governo approva il DDL sicurezza che diventa legge. Grosse nuvole nere si addensano sui cieli d'Italia oscurando le libertà. Da quella d'informazione a quella di indagine, visto che si interviene in tema di "modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine", mentre la clandestinità diventa reato e le ronde una preoccupante realtà.


Quando in un paese si cerca di spacciare per gossip un agire, volendo superare valutazioni etico-morali potenzialmente opinabili, che non configura pettegolezzo quanto fatti gravi, reali, che riguardano omissioni, falsità, uso privato di cose pubbliche, su cui indaga o ha indagato la magistratura, l'informazione cosa dovrebbe fare? Astenersi? Se fattori esterni come meeting internazionali, disastri naturali o vicende umane, dovessero divenire motivo sufficiente per invocare 'tregue' o finanche brevi 'vacanze' dell'informazione sui fatti, a cosa servirebbero giornalismo e giornalisti?


Il silenzio sui fatti è sempre una scelta, e porta (e comporta) responsabilità ed implicazioni. Il 14 luglio sarà allora una giornata di silenzio dell'informazione. Per scelta. Una giornata di sciopero e di 'silenzio' contro tutti i 'bavagli', di quegli operatori dell'informazione che ancora può e vuole definirsi tale. Lo scopo, come si legge in una nota della Federazione della stampa italiana, è quello di «contrastare la Proposta Alfano sulle intercettazioni che introduce inaccettabili divieti al diritto di informazione sulle indagini e sulle inchieste giudiziarie. Non si sciopererà quindi per un aumento di stipendio ma per un aumento della libertà nel nostro paese».

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