Reagire alla violenza e tornare a vivere. E lavorare.

REAGIRE ALLA VIOLENZA - STORIE A LIETOFINE - In provincia di Napoli, a Poggiomarino, Antonella, Raffaela e Maria, fuggite da realtà familiari violente hanno aperto un locale, chiamandolo "Viva" , anche col sostegno di Legacoop che nel progetto ha investito 25mila euro. Le tre donne, tutte vittime di violenza domestica e familiare, sono state messe in contatto dai propri legali, e pur senza conoscersi, hanno accettato la sfida di costituire una cooperativa ed aprire un’attività. Perché l’indipendenza economica è un dato essenziale per potersi lasciare alle spalle le costrizioni di un rapporto violento, dal quale non puoi uscire se non hai di cosa vivere.  «Le donne come noi non hanno amiche – dice Maria Sorrentino, 33 anni, che oggi vive a casa dei genitori – non abbiamo nulla. Da anni non parlo con nessuno, non esco di casa, non riesco nemmeno ad accompagnare i miei due figli a scuola. Mio marito mi segue ovunque, nonostante il divieto di avvicinamento. Ma ora voglio essere più forte di lui. Anche se ho paura di uscire, sono contenta di andare a lavorare e i miei figli sono più felici di me per questo. Affronterò le mie paure per uscire da quest’incubo». Antonella Cangianiello è presidente della cooperativa, 39 anni, due figli Erika 12 e Giuseppe, 10. Una vita durissima, un coraggio da leone nonostante 17 anni di violenze subìte da un marito alcolizzato. «Questo è il mio primo lavoro in assoluto – racconta Raffaela Caracciolo, 24 anni, un bimbo, Angelo di 2 - avevo tanti sogni, mi sono laureata alla Federico II in Economia. Invece ho nascosto per troppo tempo anche a me stessa la dura realtà. Mi dicevo che le cose sarebbero migliorate, giustificavo sempre il mio ex compagno, mio unico fidanzato». E invece, ingiurie, percosse, Raffaela non può nemmeno uscire a stendere il bucato. Il suo compagno vede amanti immaginari dappertutto… Ma uscirne, ricominciare, liberarsi e tornare a vivere è possibile LEGGI L’ARTICOLO di Tiziana Cozzi  SU Repubblica.it

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