La donna che lavora mette su famiglia

Secondo Alessandro Rosina -dipartimento Scienze statistiche - l'Italia si configura come nazione “a persistente bassa fecondità” presentandosi allo stesso tempo con problematiche di “carenza di figli e di scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro”.


Varie indagini concordano nell'evidenziare come la maggioranza delle donne desideri due figli ed un'occupazione. Se questo fosse possibile, avremmo livelli di fecondità e occupazione femminile nella media degli altri Paesi sviluppati. Quando “ciò non accade -sottolinea Rosina - ad essere penalizzate non sono solo le donne ma il sistema Paese nel suo complesso”. Emerge poi dalla ricerca come "le regioni dove il tasso di attività femminile è sopra la media nazionale” siano quelle nelle quali “la fecondità negli ultimi dieci anni è aumentata, viceversa le regioni ove il tasso di attività è inferiore alla media nazionale la fecondità negli ultimi dieci anni è diminuita”.


In un’Italia di recente impegnata nella “difesa” della famiglia tradizionale, il dato dello studio della Cattolica dovrebbe far riflettere (1) a livello istituzionale visto che l’equazione per la natalità sembra passare dal lavoro, che porta la sicurezza e stabilità che favoriscono la formazione della famiglia e, di conseguenza la scelta di avere più figli; (2) a livello imprenditoriale, visto che per arginare gli effetti negativi di denatalità ed invecchiamento della popolazione che influiscono su welfare ed economia, pare proprio che l'Itala avrà bisogno di puntare su quella “risorsa finora poco utilizzata e valorizzata, ovvero l'occupazione femminile”.

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