Colf: per il Censis è donna, giovane, immigrata e sottopagata

LAVORO di CURA - Poche tutele, mancanza di prevenzione e aumento del sommerso: i rischi sul lavoro non risparmiano neanche quanti svolgono le proprie mansioni all'interno delle mura domestiche. Solo nel 2008 sono stati registrati 3.576 infortuni (dati Inail) tra i lavoratori in casa, di cui due mortali. Le cifre sono state rese note a Roma dal direttore generale del Censis, durante la presentazione della ricerca "Dare casa alla sicurezza, rischi e prevenzione dei lavoratori domestici", realizzata con il contributo del ministero del Welfare. Secondo l'indagine il lavoro di cura in Italia coinvolge un "esercito" formato da 1,5 milioni di persone, a cui si rivolgono oltre due milioni di famiglie italiane (una su dieci). Una vera e propria "spina dorsale del welfare fai da te" il cui sostegno è indispensabile a fronte di una popolazione che invecchia.


Ecco l'identikit che emerge dal rapporto del Censis: donna, giovane e immigrata. In prevalenza infatti il lavoro di badanti e colf è svolto da donne (82,6%) e da stranieri (71,6%). Il 51,4% ha meno di 40 anni. Il livello di istruzione di colf e badanti straniere è più alto delle loro colleghe italiane: il 37,6% possiede un diploma di scuola superiore e il 6,8% una laurea, contro rispettivamente il 23,2% e il 2,5% dei collaboratori domestici italiani. La maggioranza (55,4%) lavora per una sola famiglia, mentre il 44,6% è "pluricommittente". In media, l'anzianità di servizio si aggira intorno ai 7 anni. La media della paga mensile: 900 euro netti.


Dato che poco meno della metà dei lavoratori domestici sono regolarmente iscritti ai registri dell'Inps (il 62% di colf e badanti lavora ''in nero'' o con ''un'evasione contributiva parziale'') si va ad indebolire ulteriormente, dal punto di vista del futuro reddito da pensione, la posizione già debole di queste lavoratrici. "Sebbene la regolarizzazione del settembre 2009 abbia fatto emergere circa 300mila lavoratori sommersi", si legge nella ricerca del Censis, "il 39,8% degli intervistati dichiara di essere totalmente irregolare e il 22% si districa in una giungla fatta di rapporti a volte regolari, altre volte no, o rispetto ai quali vengono versati contributi per un orario inferiore a quello di lavoro". Su 100 ore lavorate sono solo 42, 4 quelle per cui vengono effettivamente versati i contributi. Sei ore di lavoro su dieci sono quindi sottratte a qualsiasi forma di copertura previdenziale.

(Fonte: Superabile)

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