Molestie e femminicidio: cultura e strumenti adeguati per narrare

ROMA - Nel corso dell’incontro “Cronache del dissenso[QUI IL VIDEO INTEGRALE DELL'EVENTO] percorso formativo per operatrici ed operatori dei media su temi come femminicidio, molestie sessuali, disparità salariale e diritti tenutosi oggi a Roma, alcuni interventi muovono all’urgenza di approfondite riflessioni, perché toccano corde sensibili. Occorre soprattutto rimanere fermamente etici, ed essere consapevoli che la strada del rispetto dei diritti delle donne è irta di ostacoli ai quali si deve dar battaglia se si vuole progredire. Sminare questo campo richiede che la battaglia sia innanzitutto culturale. Il dilagare di molestie e violenze nel mondo del lavoro non è certo fatto nuovo, ma è certamente un fenomeno che si deve ricontestualizzare. Lo spiega esaurientemente la filosofa Francesca Izzo quando afferma che le molestie sono “frutto di giochi di potereagite perché “siamo entrate in luoghi dove non eravamo previste”. La molestia sul posto di lavoro è -afferma Izzo- “il corrispettivo della violenza domestica” agita per il “ridimensionamento della donna”. Dunque le donne, nell’odierna società italiana, sono sottoposte ad un doppio assedio per ricacciarle in un ruolo più tradizionale: nella relazione quello agito dalla violenza del compagno/marito/padre/fratello, le cui conseguenze troppe volte arricchiscono il conto delle vittime di femminicidio. Nei luoghi di lavoro, l’assedio dell’edonista molestatore, purtroppo onnipresente, e troppo spesso declinato più al plurale (molestatori) che al singolare.

Serve più cultura. Servono maggior vigilanza ed attenzione. E’ necessario narrare il mondo e le vicende delle donne con rispetto. La scrittrice e femminista Giulia Blasi, mette pertanto in guardia dal relegare le donne, nel mondo della cultura, solo agli spazi che affrontano i temi delle donne, cosa che accade con sorprendente frequenza nei nostri media. Per cambiare passo serve “dare più spazio ai valori del femminismo” ma non sminuendoli dando l’impressione che siano assimilabili alle “tematiche femminili effimere” come le definisce senza mezzi termini la direttrice del TG2 Ida Colucci. Siamo in una faglia storica particolare”, afferma Marina Cosi, presidente di GiULiA, ed occorre “picconare gli stereotipi per buttare giù gli automatismi” che attivano e perpetrano visioni e definizioni profondamente sbagliate e linguaggi errati. Chi affronta i temi del femminicidio, ricorda la collega Luisa Betti, deve “raccontare il fenomeno con gli strumenti giusti” facendo attenzione a non “rivittimizzare” la donna nella narrazione delle violenze. Rispetto prima di tutto, ancora e sempre.

 

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