IMMIGRAZIONE - Respingimenti, Frattini: "L'Italia va avanti"

ROMA - L'urto tra l'Onu ed il governo italiano coinvolge anche l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), che intervenendo sulla questione dei migranti rispediti in Libia, esprime "grave preoccupazione" chiedendo alle autorità italiane di "riammettere quelle persone rinviate dall'Italia e identificate dall'Unhcr quali individui che cercano protezione internazionale". Il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa chiede dunque all'Italia di fermare i respingimenti ma il ministro degli esteri Frattini risponde che la richiesta di asilo politico è "un problema serio che si può risolvere facendo fare le richieste d'asilo nei paesi d'origine o di transito"... Preoccupazione e disappunto anche  in una nota di Save the Children, per l’approvazione alla Camera, attraverso la conferma della fiducia al Governo, del maxiemendamento in materia d’immigrazione.

Se il rifugiato viene identificato come lo "straniero che, per timore di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un gruppo sociale o opinione politica, si trovi fuori dal proprio paese e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese; oppure apolide che si trovi fuori dal territorio nel quale aveva la dimora abituale per le stesse ragioni citate e non può, o a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno", risulta poco comprensibile, allora, la posizione del Ministro Frattini, che sembra non tener conto di un diritto garantito dalle leggi dello stato italiano.

«Il principio di non respingimento -ha detto a Ginevra il portavoce dell'Unhcr Ron Redmond, citando la Convenzione del 1951 sui rifugiati- non conosce limitazione geografica e gli Stati sono obbligati a rispettare questo principio ovunque esercitano la loro giurisdizione, in alto mare incluso". Il portavoce ha ricordato poi che la Libia non ha firmato la Convenzione del 1951 e che non vi sono quindi garanzie che le persone bisognose di protezione internazionale possano trovarla in Libia.» (La Repubblica)

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