Stranieri immigrati ed ignoranza indigena

MILANO - "I clandestini che non hanno un lavoro regolare normalmente delinquono". Lo ha affermato la sindaca di Milano, Letizia Moratti, intervenendo al convegno all'Università Cattolica "Per un'integrazione possibile". "La clandestinità è un reato -ha detto- ed un clandestino colto in flagranza non può essere espulso se ha altri processi in corso. Per rendere efficace il reato di clandestinità occorre assorbirlo in altre fattispecie di reato" per rendere effettiva l'espulsione. Moratti ha però aggiunto che le politiche del Comune di Milano sono volte all'integrazione e basate sul principio dell'accoglienza nella legalità e nel rispetto delle leggi: "noi sosteniamo tutti gli stranieri regolari che intendono avviare percorsi di integrazione". Roberto Maroni, ministro dell'Interno, pure presente al convegno, in un commento sulle parole di Moratti afferma di non avervi sentito nessuna equivalenza clandestini-uguale-criminali. Continua, dunque, il trend dell'affermare e poi negare, ingranaggio tanto caro e tanto oliato dalla dirigenza berlusconiana e di governo, dal premier stesso, e dai suoi fedelissimi e fedelissime che lavorano nelle stanze dei bottoni dei luoghi in cui si informa o si decide.

I dati del convegno aiutano questo soffiare sul fuoco: "Malgrado la crisi economica e le politiche di contrasto all'immigrazione clandestina, al 1° gennaio 2010 il numero di irregolari presenti in Italia è aumentato di 126mila unità rispetto all'anno precedente. L'incidenza degli stranieri irregolari, sul totale dei presenti, è passata dal 9,1% al 10,7%."


Un'analisi di Vincenzo Cesareo, docente presso l'università Cattolica di Milano e tra gli autori della ricerca, però, smentisce le facili strumentalizzazioni e punta nella direzione opposta di quella indicata da chi preferisce scegliere facili condanne, generalizzazioni e stereotipi. Cesareo infatti afferma: “Il degrado e l'immigrazione in Italia, pur tendendo a cumularsi, non sembrano ancora coincidere. Ma servono interventi solleciti per prevenire e contenere pericolose derive". La mancanza di una mediazione sociale e culturale sui temi, sui bisogni e sulle istanze vere dell'immigrazione, leggi che portano gli stranieri alla precarietà, campagne di pensiero violento che inoculano il veleno del sospetto e della paura, la mancanza di occupazione e la povertà, sono tra i maggiori fattori di rischio.

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