Rappresentanza del popolo o club massonico?
Roma, 4 marzo 2013. Un numeroso gruppo di donne e uomini, in larga misura giovani, entra nei luoghi della decisione politica, Senato e Camera, laddove si decidono le norme che regolano i rapporti vitali, civili, politici, economici, di relazione del Paese. Arrivano in Parlamento per la prima volta, sulla spinta di un voto popolare consistente. Un voto “condizionato” da una lista “nominata” definita da un Partito o da un Capo sulla base di una legge elettorale votata a maggioranza da Lega e PDL, che non è stata modificata dalle opposizioni, nè dalla larga maggioranza tecnica che pure ne aveva fatto oggetto di accordo. Un voto che non consente all’elettore/trice di scegliere i propri rappresentanti direttamente, valutando le persone proposte dai singoli partiti nel proprio territorio. Una “porta stretta” ...
Una “porta stretta” che obbliga a chinarsi per entrare nel palazzo, consente a pochi di determinare attraverso le segreterie di partito o anche attraverso formule di primarie più o meno aperte e libere, coloro che verranno investiti del potere di rappresentare e guidare il paese per i prossimi 5 anni.
La saggezza delle e dei costituenti, quasi premonitrice, all’articolo 67 della Costituzione ricorda a tutti e tutte, una volta eletti, che i Capi, gli Happy Few, possono cercare di usare o piegare, secondo propri interessi l’ansia di cambiamento di un popolo, imponendo astratta obbedienza, snaturando la spinta innovatrice: è già avvenuto, può sempre succedere. Per questa ragione ogni legislatore /legislatrice assume il proprio mandato in coscienza e lo svolge in maniera libera da dictat e condizionamenti.
L’eletta/o è chiamato a proclamare chiaramente, personalmente ciò che pensa, a svolgere il mandato elettorale senza condizionamenti. La segretezza e l’unanimità si addicono alle sette massoniche non al libero esercizio della democrazia parlamentare.
Irene Giacobbe
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