IVG: secondo coscienza

Nel nostro paese, nonostante la riduzione del ricorso all'aborto, da tempo viene fatto un “uso offensivo dell’obiezione di coscienza” per quanto riguarda l’interruzione di gravidanza. Logica vorrebbe che l’obiezione di coscienza fosse esercitata dalle persone, non dagli ospedali poiché non può essere leso il diritto delle donne all’aborto volontario. Ma questo di fatto è quanto è accaduto e continua ad accadere in Italia da molti, troppi anni. Come scrive STEFANIA FRIGGERI su NOIDONNE: «A parere di Rodotà gli obiettori odierni (ginecologi, farmacisti ecc.) “hanno addomesticato” l’obiezione di coscienza “facendo(ne) un uso offensivo”: […] oggi il ginecologo obiettore viene autorizzato all’obiezione proprio dalla legge 194, che gli permette di esercitare una libertà di scelta (praticare o no l’aborto), ovvero: se sceglie di obiettare, si avvale del diritto di “sottrarsi in via eccezionale” ad una norma di legge […] questa libertà di sottrarsi ad una norma prevista dalla legge non solo non minaccia la solidità dello Stato ma l’obiettore, esercitando il diritto di scelta, lede il diritto delle donne che chiedono l’IVG (interruzione volontaria della gravidanza). Diritto che infatti la legge prevede venga tutelato (può obiettare l’individuo non l’ospedale) attraverso un’adeguata organizzazione del sevizio.» Cosa che però nella maggioranza degli ospedali pubblici italiani, per negligenza o convenienza, non avviene. Sempre sulla pelle delle donne.  – Articolo collegato: Omissioni ed ostacoli nell'applicazione della legge 194

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