Perché rimpatriare non è cosa facile

ROMA - Nella sua prima uscita pubblica, il Ministro dell'Interno Matteo Salvini promette un aumento delle espulsioni degli immigrati irregolari. Ma le misure di allontanamento, già applicate dai precedenti governi, non possono essere attuate così facilmente come affermato dalla Lega in campagna elettorale. Vediamo perché.

Secondo il recente rapporto dell’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale), i dati dei rimpatri parlano di numeri irrisori: «tra il 2013 e il 2017 il nostro paese è riuscito a rimpatriare solo il 20% dei migranti a cui è stato intimato di lasciare il territorio, mentre altri paesi, come la Germania ne ha rimpatriati molti di più (il 78%). Per i ricercatori, i motivi non sono nell’inefficienza del sistema o nelle negligenze degli attori coinvolti. Ma in un insieme di fattori che rendono l’espulsione un meccanismo particolarmente complicato: uno dei problemi riguarda la nazionalità delle persone». Il problema e che l’Italia «ha emesso decreti di espulsione in massima misura nei confronti di persone con nazionalità africana (49% Nordafrica; 18% Africa subsahariana). Roma è riuscita a sottoscrivere solo pochi accordi di riammissione con molti dei paesi africani e, anche laddove questi esistono, la loro applicazione da parte di governi e autorità locali è discontinua e disomogenea

Il Ministro e Vicepremier Salvini dovrà pertanto, come primo passo, lavorare per predisporre i necessari protocolli. Gestendo al contempo, secondo le leggi in vigore, i flussi di persone che continueranno ad arrivare. Perché questi flussi non si fermeranno, e perchè in Italia sarebbe inutile costruire muri. Gli auguriamo pertanto, sinceramente buon lavoro. Con un pizzico in più di aderenza al … principio di realtà.

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