Abruzzo: imposizioni e limitazioni nelle tendopoli

L'AQUILA - I cittadini abruzzesi che col terremoto hanno perso tutto, nelle tendopoli in cui sono costretti a vivere continuano a sperimentare privazioni, difficoltà e discriminazioni di vario genere. La protezione civile, nella gestione dei campi impone limiti di riunione e di comunicazione, impedendo la diffusione delle informazioni. Come il volantinaggio sulla manifestazione di domani 16 giugno a Roma contro il decreto sulla ricostruzione: severamente vietato. Il coordinamento responsabile dell'organizzazione afferma che la Protezione civile lo ha vietato perchè nei campi non si può "disturbare"…


A quanto pare le tendopoli si stanno trasformando in una sorta moderni lager, dove diventa sempre più difficile entrare, incontrarsi, scambiare opinioni, intessere quegli intrecci di 'trama ed ordito' che sono alla base della ricostruzione del tessuto sociale attraverso la relazione, il contatto, lo scambio solidale tra le persone. E sono sempre più, e sempre più disperate, le testimoninaze di chi assiste o è vittima di episodi di sospensione delle libertà civili.
Quando si perde di vista come il fondamentale tratto distintivo dell'essere umano sia quello di essere un "animale sociale", la privazione –di fatto- delle libertà, diviene una condanna terribile ed intollerabile che lede profondamente la dignità stessa delle persone. Siamo nel campo delle violazioni dei diritti di base: i terremotati sono persone e come tali vanno considerate e trattate. Viene da domandarsi: con che diritto si impone questo tipo di privazione ha chi ha perso già tutto? In nome di cosa? E perché?

Da Repubblica.it «Nelle centottanta strutture d'accoglienza gestite dalla Protezione Civile e situate intorno alla città dell'Aquila, giorno dopo giorno aumentano divieti e restrizioni. Appena due settimane fa, con una circolare firmata dal vice capo del dipartimento ministeriale, Bernardo De Bernardinis, era stata abolita la somministrazione di caffè, cioccolata e vino. Poco prima, anche le manifestazioni interne ai campi, promosse dalla popolazione, erano state bandite. "Occorre non turbare la quiete degli ospiti" era stato spiegato dagli uffici della Dicomac (il centro operativo della Protezione Civile).»

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